Il sistema dei “DRG” in medicina del dolore - Pathos

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Il sistema dei “DRG” in medicina del dolore

The DRG system in pain medicine
Editoriale
Pathos 2010, 17; 3; 2010, Sep 21
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Carmelo Costa
Medicina del Dolore,
Centro Catanese di Oncologia Humanitas, Catania
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I medici all’Università imparano a conoscere la salute e la malattia, ma nessuno insegna loro a razionalizzare le energie economiche profuse nel tentativo di procurare benessere.
Forse questo è il primum movens di un atteggiamento mentale spesso ostile, sempre infastidito, nei confronti di un sistema che, almeno nei suoi intenti, è utile e necessario. Il fatto è che tradizionalmente i medici hanno sempre sentito come loro unico scopo quello nobile di curare il proprio prossimo e hanno lasciato agli altri, agli amministratori, il degradante compito di “fare i conti”. Ma da quando gli ospedali sono stati trasformati in aziende nel tentativo di ottimizzarne e, se possibile, ridurne gli enormi costi, ogni medico è richiamato alla consapevolezza di come anche l’aspetto meramente economico diventi una determinante essenziale nella scelta terapeutica. Certo, come tutti i buoni progetti, anche questo porta con sé il rischio di pericolose manipolazioni che impongono un sempre attento controllo degli organismi a questo preposti. Ma proprio per tale motivo è ormai indispensabile che ognuno di noi impari a tenere conto dell’aspetto economico della propria attività professionale. Purtroppo una delle più grottesche conseguenze di questo sistema a rimborso predefinito è quella che i medici devono dimostrare agli amministratori che la loro attività professionale, oltre a essere meritoria, è anche un “buon affare” e quindi può accadere che in questa distorta visione della sanità alcune patologie più redditizie vengano privilegiate e altre messe da parte.
Se, dunque, il sistema di rimborso a tariffa predeterminata contiene non poche anomalie, in ambito algologico questo è doppiamente vero. L’Algologia, infatti, essendo una disciplina relativamente giovane, non possiede dei codici per le diagnosi e le terapie di suo specifico interesse ed è quindi costretta ad attingere a codifiche diagnostiche che prevedono il dolore solo come sintomo di altre malattie o di eventi traumatici e a codifiche terapeutiche il cui fine ultimo non è curare il dolore, ma curare la malattia di base che ha provocato il dolore. Evidentemente, anche in ambito algologico l’obiettivo principale è quello di un trattamento etiologico, ma quando questo, come spesso accade, è impossibile, la cura del dolore è la cura stessa della malattia. Facciamo l’esempio di un paziente che soffra di nevralgia trigeminale. Per questo paziente l’unico problema è il dolore. Egli non ha alcun deficit motorio né sensitivo, né altri sintomi al di fuori del dolore. E così per le cefalee o per la nevralgia post erpetica. Ma anche in altre condizioni il dolore, pur non essendo solo ma concomitando con altri problemi, resta comunque quello preminente. Così, per esempio, nelle radicolopatie lombosacrali o cervicobrachiali. In tutti questi casi non si parla più di dolore/sintomo bensì di dolore/malattia.
La differenza tra dolore/sintomo e dolore/malattia non è solo un fatto semantico. Il dolore/sintomo è considerato giustamente un “utile campanello d’allarme” che entra in funzione quando un pericolo esterno o endogeno mette a repentaglio l’integrità del nostro organismo. Di questo dolore/sintomo sono ormai abbastanza ben conosciuti i meccanismi patogenetici e i sistemi per controllarlo adeguatamente. Se questo non viene ancora attuato in modo capillare (si pensi al dolore post operatorio) la colpa non è da attribuirsi alle nostre scarse conoscenze bensì alle lacune organizzative.
Discorso ben diverso è quello che riguarda il dolore/malattia e il dolore cronico (i due termini non sempre coincidono). In questo caso il dolore cessa di essere un utile dispositivo di allarme finalizzato alla diagnosi della malattia che lo sostiene e diventa un meccanismo inutile e dannoso. Quindi il dolore/malattia è inutile, dannoso e spesso ha una causa che non può essere rimossa o neanche identificata. Inoltre esso riempie il quadro clinico non accompagnandosi ad alcun altro sintomo o comunque dominando la scena.
Alla base del dolore/malattia vi sono dei meccanismi patogenetici che sono ben diversi dal semplice meccanismo nocicettivo provocante il dolore acuto. Questi meccanismi, spesso complessi, devono essere compresi e solo la loro comprensione e la loro elaborazione ragionata porterà a una diagnosi algologica del dolore e a un successivo razionale trattamento. Purtroppo la classificazione sistematica delle malattie non tiene conto né della diagnosi algologica né del concetto di malattia dolore. L’algologo però deve tenerne conto e questa diversa impostazione è foriera di confusione e disorienta sia i medici che curano il dolore che quelli deputati al controllo della loro attività.
Ma per meglio comprendere, facciamo alcuni esempi pratici. Prima però è importante chiarire alcuni aspetti:
a) i codici e le tariffe che verranno citati di seguito fanno riferimento alla versione 19 dell’ICD-9-CM e non alla 24 che, pur essendo formalmente in vigore dal 1° Gennaio del 2009, non è ancora stata recepita da molte Regioni italiane e comunque neanche nella nuova versione si sono attuate le modifiche da noi auspicate;
b) le cifre dei rimborsi e dei costi alle quali faremo riferimento sono da intendersi nella media e possono verificarsi anche notevoli discordanze da Regione a Regione e a volte anche da Provincia a Provincia, essendosi realizzata, purtroppo, una totale deregulation” in questo settore dettata dalle diverse esigenze economiche locali;
c) il riferimento ai DRG come sistema di rimborso predefinito è molto diverso tra gli ospedali pubblici e quelli privati convenzionati. el primo caso, infatti, il sistema dei rimborsi delle prestazioni non è l’unico sistema per fi nanziare gli ospedali e spesso serve solo per una virtuale valutazione dei reparti più o meno “virtuosi”. Nel secondo caso, invece, il rimborso non è affatto virtuale e i controlli delle ASL sono frequenti e ispirati spesso più da una logica di risparmio che di garanzia di qualità della prestazione sanitaria effettuata.
d) I DRG ai quali si farà riferimento sono quelli che comunemente compaiono incrociando le procedure antalgiche citate con le patologie per le quali solitamente si pone l’indicazione al ricorso delle tecniche antalgiche suddette. Non è però escluso che tra le varie combinazioni tra patologie e tecniche possano realizzarsi DRG diversi. Premesso questo, cominciamo col dire che in Medicina del dolore non sempre le metodiche chirurgiche esitano in un DRG chirurgico, anzi, frequentemente compare un DRG medico. E questo anche se la procedura terapeutica necessita, per essere eseguita, di un’anestesia generale, di una strumentazione sofisticata, di un monitoraggio attento del paziente, di una scrupolosa asepsi d è potenzialmente foriera di effetti collaterali temibili. Accade, per esempio, che un intervento chirurgico delicatissimo, da eseguire obbligatoriamente in sala operatoria, come la termorizotomia a radiofrequenza del trigemino, dia luogo a un DRG medico, il 19.
I DRG chirurgici sono mediamente meglio remunerati di quelli medici perché l’atto chirurgico solitamente richiede un più cospicuo impegno economico. I DRG medici, invece, oltre a essere mediamente meno remunerati, subiscono un drammatico decremento e il paziente non rimane ricoverato in regime ordinario. Tutto ciò penalizza pesantemente l’Algologia, che è una branca nella quale il gesto chirurgico è mini invasivo (e quindi fa del breve ricovero, anche solo di alcune ore, il suo punto di forza) ma spesso deve fare ricorso a una tecnologia sofisticata e costosa. Se questo gesto chirurgico esita in un DRG medico si capisce come diventi estremamente problematico far quadrare i conti. In pratica, osserviamo che il rimborso per il DRG 19 è di circa 2500,00 euro se organizzato in ricovero ordinario, ma essendo iscritto nell’elenco dei DRG ad alto rischio di non appropriatezza in regime di degenza ordinaria (allegato 6A del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23/04/2008 sulla ridefi nizione dei LEA) la tariffa corrisposta sarà quella di una prestazione in day hospital, cioè circa 200,00 euro.
Con questa cifra dovrebbero essere pagati i costi della strumentazione (uno o più aghi del costo di circa 300,00 euro ad ago, un apparecchio per radiofrequenza del costo di circa 30.000 euro, il costo di sala operatoria che va dai 500,00 ai 1000,00 euro, durando l’intervento mediamente più di 1 ora. Non accenniamo al costo dell’anestesia né a quello della degenza né al pagamento dell’operatore).
Questo spiega perché tale intervento diviene antieconomico se eseguito in una struttura pubblica e improponibile presso una struttura privata accreditata e quindi, in quest’ultimo caso, diviene erogabile solo a pagamento da parte del paziente. Facciamo un altro esempio che è molto comune nella pratica clinica sia anestesiologica che algologica: quella del posizionamento di un catetere peridurale. Quando in ambito anestesiologico si vuol fare una anestesia con il supporto di una analgesia sia intra che post operatoria, si posiziona un catetere nello spazio epidurale; questo gesto è solitamente eseguito, in mani esperte, in non più di 10-15 minuti. Non necessita solitamente di alcuna particolare selettività e quindi raramente è indicato il ricorso all’amplificatore di brillanza e al mezzo di contrasto.
Peraltro, questo renderebbe incompatibili queste manovre con i frenetici ritmi della sala operatoria. Se analizziamo i costi di questa procedura, vedremo che il costo del materiale ammonta a non più di 15,00-20,00 euro. Se invece decidiamo di sottoporre un paziente con dolore al posizionamento di un catetere peridurale, questo dovrà essere posizionato selettivamente all’altezza della struttura nervosa che intendiamo modulare. Quindi ci occorreranno un buon apparecchio di radioscopia e l’uso del mezzo di contrasto adatto (e quindi gli accertamenti laboratoristici indispensabili per la sua somministrazione in sicurezza). Poi occorrerà tunnellizzare il catetere, soprattutto se deve essere mantenuto in situ per diversi giorni, e spesso collegarlo a un port alloggiato in una tasca ricavata chirurgicamente nel sottocute. Infi ne occorrerà collegare il sistema a una pompa esterna monouso che eroghi la miscela analgesica. Durata prevista dell’intervento: 1 ora circa, in assenza di complicazioni. Costo dello strumentario 500,00-600,00 euro. Ebbene, queste due procedure, tanto diverse per impegno di tempo e di esperienza professionale per la loro messa in opera, per apparecchiature (apparecchio di radioscopia) e costi della strumentazione, vengono valutati nello stesso modo. Nell’elenco delle procedure terapeutiche non esiste infatti alcuna distinzione. Ambedue le manovre sono defi nite come “posizionamento di catetere nel canale spinale” (codice 0390).
L’unica distinzione tecnica risulta tra un catetere posizionato con finalità antalgiche e uno per realizzare un’anestesia. In quest’ultimo caso si omette il codice della procedura. Quindi l’algologo che ha posizionato un catetere selettivamente nello spazio epidurale, lo ha connesso, dopo averlo tunnellizzato a un port, posizionato in una tasca sottocutanea ricavata chirurgicamente e ha collegato il tutto a una pompa esterna, ha impiegato più di 1 ora, speso tra costo del materiale e della sala operatoria un migliaio di euro, scoprirà di avere compiuto un gesto medico e non chirurgico e che questo suo gesto sarà remunerato meno di 200,00 euro. Infatti questa è la remunerazione teorica del DRG medico 243, che essendo anch’esso inserito nell’elenco precedente, come il DRG 19, avrà un rimborso di circa 2000,00 euro.
Di queste situazioni assurde è costellata l’attività chirurgica dell’algologo. Basti infatti pensare che lo stesso DRG, il 243, viene prodotto per infiltrazione epidurale. Anche in questo caso, come per il cateterismo, l’infiltrazione peridurale antalgica, che è sempre selettiva, viene considerata un gesto medico e la sua remunerazione sarà di 200,00 euro. Poco importa se per fare l’infiltrazione spesso occorre un apparecchio di radiologia, il mezzo di contrasto e l’esecuzione di opportuni accertamenti di laboratorio. E comunque rimane l’incongruenza di due manovre così diverse per impegno, l’infiltrazione epidurale il posizionamento di un catetere nello spazio epidurale, che ai fini del rimborso si equivalgono. Facciamo ancora un ulteriore esempio abbastanza frequente in algologia, quello della riparazione delle fratture vertebrali attraverso l’iniezione di cemento. Esistono attualmente due procedure chirurgiche: la vertebroplastica e la cifoplastica.
La prima metodica consiste nell’introduzione di cemento nella vertebra attraverso un ago. Il costo del kit oscilla tra i 600,00 e i 700,00 euro. La cifoplastica, invece, consiste nel creare dentro la vertebra lesa una cavità attraverso un palloncino e riempire di seguito questa cavità con cemento. Quest’ultima metodica mette al riparo da spandimento di cemento al di fuori della vertebra che a volte può provocare drammatiche conseguenze. Rappresenta dunque per il paziente una maggiore sicurezza. Purtroppo ha un grave difetto. Costa troppo, più di 2500,00 euro. Ovviamente tra i 600,00 euro del costo di un kit per vertebroplastica e i 2500,00 euro di quello della cifoplastica non c’è discussione, in barba a tutti i roboanti proclami sulla malasanità. Ma questa è un’altra storia.
La realtà è che gli “Altri interventi di riparazione o plastica su altre ossa…” (questa è la dicitura dell’intervento) il cui codice di procedura è 7849, associato alla diagnosi di “frattura patologica delle vertebre, collasso vertebraleil cui codice è 73313, esita nel DRG 234 “altri interventi sul sistema muscolo-scheletrico e tessuto connettivo”.  Il rimborso per questo DRG è di poco superiore ai 3000,00 euro. Questo signifi ca che la cifoplastica è automaticamente impraticabile. Nessuna azienda sana, che tale vuole rimanere, può permettersi di spendere la quasi totalità del rimborso per acquistare la strumentazione indispensabile all’esecuzione dell’intervento chirurgico.
E’ forse superfluo ricordare che le metodiche alle quali abbiamo accennato (la termorizotomia trigeminale a radiofrequenza, la neuromodulazione farmacologica spinale e la vertebroplastica) sono tecniche scientificamente validate dai rigorosi criteri della Medicina Basata sull’Evidenza e non si può quindi obiettare che si tratti di tecniche inutili o con scarso supporto scientifico.
E’ dunque necessario che il rinnovato interesse nei confronti della Medicina del dolore (legge 38/2010, pubblicata sul precedente numero di Pathos) rappresenti nel nostro Paese un primo passo per il riconoscimento dell’autonomia e della dignità di questa disciplina e dei professionisti che la esercitano. Per perseguire tale obiettivo è indispensabile una revisione dei codici delle diagnosi e delle procedure che tenga conto di questa nuova e importante realtà.

Conflitto di interessi
L'autore dichiara che l'articolo non è sponsorizzato ed è stato redatto in assenza di conflitto di interessi.
Published
21th September 2010
Bibliografia
1) Orlandini G. Semeiotica del dolore. Delfino Editore, Roma 2005: 1-10.
2) 3M Health Information Systems. Diagnosis Related Groups. Definitions manual. Version 19.0. Wallingford, CT 2001.
3) Nonis M, Lerario AM. DRG: valutazione e finanziamento degli ospedali. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2003.
4) Nonis M , D’Ambrosio MG, Lorenzoni L. Guida all’ICD-9-CM,  ed. italiana. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2005.
5) Nonis M, Lorenzoni L. Guida alla versione 19.0 del sistema DRG. Manuale pratico della classificazione dei ricoveri in vigore in Italia dal 2006. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2006.
6) www.Eumed.it: DRG versione 24.
7) I nuovi LEA. Decreto Legge del 23 Aprile 2008.
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