Il Dolore Persistente Idiopatico Facciale (PIFP), Persistent Idiopathic Facial Pain (PIFP) - Pathos

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Il Dolore Persistente Idiopatico Facciale (PIFP), Persistent Idiopathic Facial Pain (PIFP)

Persistent Idiopathic Facial Pain (PIFP)
already known as atypical facial pain
Review
Pathos 2017; 24; 3. Online 2017, October 5
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Carmelo Costa
Responsabile Unità di Terapia del Dolore
Humanitas Centro Catanese di Oncologia, Catania
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Riassunto Persistent Idiopathic Facial Pain (PIFP) è il termine attuale dell’algia facciale atipica, Atypical Facial Pain (AFP), ed è caratterizzato secondo la recente tassonomia da un dolore quotidiano che si ripete per più di due ore al giorno, per più di tre mesi, in assenza di deficit neurologici clinicamente rilevanti. Il dolore inizialmente è confinato a una zona della faccia ma successivamente può diffondersi su più ampi territori. Una variante intra orale del PIFP è la cosiddetta odontalgia atipica (OA) che molti studiosi inquadrano come neuropatia traumatica trigeminale.
La fisiopatologia del PIFP è tutt’ora oscura, anche se si suppone un meccanismo neuropatico. Il PIFP costituisce spesso una difficile sindrome da evidenziare ed entra in diagnosi differenziale con diverse sindromi di dolore facciale cronico. Le più comuni diagnosi differenziali con il PIFP comprendono il dolore miogeno facciale, la nevralgia trigeminale atipica, le neuropatie trigeminali post traumatiche e le emicranie oro facciali. Per questo motivo, e per escludere le comorbidità psichiatriche, è importante il trattamento multidisciplinare.
Il trattamento del PIFP risente molto dei dubbi esistenti sulla sua fisiopatologia e probabilmente i migliori risultati si ottengono dalla combinazione del trattamento farmacologico con quello non farmacologico, riservando i trattamenti invasivi a casi ben selezionati.
Summary  Persistent idiopathic facial pain (PIFP) is the current terminology for “atypical facial pain” (AFP), and is characterized, according to recent Classification, by recurring daily pain for more than two hours per day over more than three months, in the absence of clinical neurological deficit. Pain is initially confined but may subsequently spread. When present intraorally, PIFP has been termed “atypical odontalgia” (AO). According to the International Classification of Headache Disorders (ICHD-3), AO is included as a subtype of PIFP and most researchers have concluded that it is a painful traumatic trigeminal neuropathy. The pathophysiology of PIFP is still mysterious, however neuropathic mechanisms may be relevant. PIFP is often a difficult but important differential diagnosis among chronic facial pain syndromes. They include facial myofascial pain, atypical trigeminal neuralgia, painful traumatic trigeminal neuropathy and orofacial migraines. For this reason and to rule out psychiatric comorbidities interdisciplinary collaboration is essential.
Due to enigmatic pathophysiology the PIFP’s treatment is unclear. Probably the best outcomes are obtained with a combination of pharmacologic and no pharmacologic treatments, reserve interventional treatment for selected cases.
Parole chiave  dolore persistente idiopatico facciale, algia facciale atipica, dolore facciale cronico, odontalgia atipica.
Key words  persistent idiopathic facial pain, atypical facial pain, chronic facial pain, atypical odontalgia.

Introduzione  
Parafrasando il famoso motto di Pietro Metastasio sull’araba fenice, si potrebbe dire del dolore persistente idiopatico facciale, (Persistent Idiopathic Facial Pain, PIFP) dai più conosciuto come dolore facciale atipico,  (Atypical Facial Pain, AFP):
Che ci sia ciascun lo dice, cosa sia nessun lo sa”.
Esso venne descritto per la prima volta nel 1924  da Frazier e Russell,1 che notarono che il 10-15 per cento dei pazienti con dolore facciale cronico avevano un dolore differente dalla nevralgia trigeminale. Per tale dolore essi coniarono il termine di “nevralgia atipica”. Il termine dolore facciale atipico continuò a essere adoperato per molti anni, servendo da controparte soprattutto alla nevralgia trigeminale ma anche all’emicrania. Bisogna arrivare fino ai nostri giorni per comprendere che l’aggettivo atipico avrebbe dovuto essere sostituito dal termine “dolore facciale di origine sconosciuta”2 e ciò costituisce il presupposto per la modifica della terminologia da AFP a PIFP. Si è scelto, inoltre, il termine persistente invece che cronico per rendere implicito il fatto che il dolore poteva essere controllato.3,4 L’ultima classificazione della International Headache Society (IHS)5 include tra i criteri diagnostici la presenza di un dolore quotidiano che duri almeno 2 ore al giorno, scarsamente localizzato e che non segue la distribuzione di un nervo periferico. È sordo, indefinito o tormentoso e l’esame clinico neurologico è normale. Infine, il dolore non può essere attribuito a nessun altro processo patologico. Come si vede, questi criteri sono generici e possono essere applicati a varie patologie di dolore orofacciale. Per tale motivo il PIFP è considerato una diagnosi di esclusione e i dolori che entrano più frequentemente nella diagnosi differenziale sono quelli che possono mimarne le caratteristiche come la nevralgia trigeminale atipica, con dolore persistente di fondo tra una crisi accessionale e l’altra, la neuropatia trigeminale dolorosa post-traumatica, il dolore miofasciale e la cefalea muscolo-tensiva cronica. La definizione dell’IHS ha in calce un commento nel quale si fa riferimento alla cosiddetta “odontalgia atipica” (AO). Il termine è stato applicato a un dolore continuo in uno o più denti o in una tasca dentaria dopo un’estrazione, in assenza di cause odontoiatriche (dolore da dente fantasma). Secondo molti ricercatori si tratterebbe di un dolore neuropatico e più che accomunarsi al PIFP dovrebbe essere riconosciuto come un tipo di neuropatia trigeminale dolorosa post-traumatica. Anche in questo caso, quindi, sarebbe bene non parlare più di AO.

Epidemiologia
A causa dei generici criteri diagnostici, c’è una certa difficoltà nell’interpretare i dati epidemiologici. Comunque, attualmente la prevalenza stimata del PIFP è dello 0,03 per cento e l’incidenza è di 4,4 persone ogni 100.000 abitanti per anno. La prevalenza del sesso femminile è del 75 per cento e l’età media di esordio 45,5 anni.6,7 Anche se questi dati fanno del PIFP una sindrome rara, quando vengono analizzati nel contesto di un gruppo più omogeneo, come quello di una popolazione di pazienti che afferisce a un centro per il trattamento del dolore orofacciale, la percentuale raggiunge il 10-21 per cento.8
In uno studio epidemiologico in UK il dolore cronico orofacciale era rilevato nel 7 per cento della popolazione e questi pazienti spesso soffrivano di altri sintomi inspiegabili come dolore cronico diffuso, sindrome dell’intestino irritabile, fatica cronica, alti livelli di ansia per la propria salute e comportamento da “ricerca di rassicurazione”.9

Sintomatologia
Frequentemente il dolore è preceduto da cure dentali o comunque queste sono state effettuate nel tentativo, fallito, di controllare un dolore orofacciale già comparso spontaneamente.10,11 Comunque è spesso difficile per i pazienti riuscire a riferire con esattezza il corso degli eventi che hanno preceduto la comparsa del dolore.12 Normalmente il vero PIFP, da definizione, non dovrebbe mostrare segni di deficit neurologici, ma se questi dovessero essere presenti e il dolore iniziato dopo un trauma o una cura odontoiatrica, allora questa entità dovrebbe essere diagnosticata come neuropatia trigeminale dolorosa traumatica (Painful Traumatic Trigeminal Neuropathy, PTTN) e non come PIFP.13
Nonostante siano possibili molte varianti, di solito il dolore è avvertito profondamente, ma anche superficialmente, ed è scarsamente localizzato. Viene descritto come tormentoso, bruciante, pulsante e a volte lancinante. Frequentemente si irradia non rispettando alcuna metameria e di solito interessa un solo lato della faccia anche se fino al 40 per cento dei casi viene riferito bilateralmente.14 La severità è da media a severa, mediamente 7 su una scala a 11 punti, e può essere aggravato dallo stress.5 Una caratteristica che spesso spiazza l’esaminatore è l’incongruenza tra la severità del dolore riferito e l’apparente calma emozionale del paziente.12 Un’altra caratteristica del PIFP è che raramente il paziente riferisce periodi di remissione spontanea dal dolore.14  La presenza di disturbi psichiatrici in questi pazienti è nota e per questo motivo il dolore facciale atipico per molti anni è stato considerato alla stregua dei disturbi da somatizzazione, e in effetti aumentati punteggi di ansia e depressione sono comuni nei pazienti con PIFP.
Un recente studio finlandese,15 che ha visto il contributo congiunto di psichiatri, odontoiatri, terapisti del dolore e neurologi, ha valutato in 63 pazienti arruolati con una diagnosi di sindrome della bocca che brucia (40 pazienti), e dolore facciale atipico (23 pazienti), la prevalenza di disturbi psichiatrici e della personalità e la relazione temporale tra questi disturbi e l’inizio del dolore orofacciale. I risultati dello studio hanno mostrato che la depressione maggiore e la fobia, oltre a una personalità ossessivo-compulsiva, sono comuni nei pazienti con dolore orofacciale cronico idiopatico e che la maggior parte dei disordini psichiatrici precede l’inizio del dolore orofacciale ed entrambi tendono ad avere un decorso cronico.

Fisiopatologia
La fisiopatologia del PIFP  è ancora oscura. Lang e collaboratori hanno dimostrato che i pazienti con PIFP non hanno alcuna compressione neurovascolare del nervo trigemino.16 Questa evidenza, confermata da altri studi, è una delle poche certezze inerenti la fisiopatologia di questo dolore. Basandosi sui traumi modesti che frequentemente sono all’origine del dolore facciale e sulle modificazioni sensitive sub-cliniche, molti studiosi hanno considerato il PIFP una sindrome da dolore neuropatico. Forssell e collaboratori,17 a tal proposito, quando misero a comparazione pazienti con dolore neuropatico trigeminale e pazienti con dolore facciale atipico (AFP) dimostrarono che fino al 75 per cento dei pazienti con AFP mostravano anormalità nei test neurofisiologici. Proposero, quindi, che il PIFP potesse configurarsi come un gruppo eterogeneo di patologie rappresentanti l’estremo di un continuum che va dalle certe sindromi di dolore neuropatico fino ai dolori idiopatici dai vaghi rilievi di danno neurologico. Tuttavia altri studi18 non hanno confermato questi rilievi e suggeriscono che il PIFP potrebbe rappresentare, anche se non sempre, un tipo di dolore non neuropatico. Si potrebbe quindi supporre che esistono dei sottotipi di PIFP nei quali non è possibile evidenziare alcuna anomalia neurologica, pur facendo ricorso al Quantitative Sensory Testing (QST) e alla magnetoencefalografia, oltre che a test neurofisiologici come il Blink reflex.
Non è inoltre da sottovalutare il ruolo che l’ipofunzione della dopamina nei gangli basali avrebbe in alcune patologie di dolore orofacciale cronico come il PIFP e la sindrome della bocca che brucia. Questi rilevamenti si inseriscono nel riconosciuto ruolo che la dopamina avrebbe nel controllo discendente inibitorio del dolore. Ridotti livelli di dopamina contribuiscono probabilmente al dolore che frequentemente si osserva nella sindrome di Parkinson e anche nella fibromialgia, nella neuropatia diabetica e nella sindrome delle gambe senza riposo.19,20
Recentemente12 è stata anche ventilata l’ipotesi che PIFP e PTTN siano due entità assimilabili patogeneticamente alle Complex Regional Pain Syndromes (CRPS), delle quali condividerebbero numerosi aspetti. Le CRPS possono essere di tipo I, ex distrofia simpatica riflessa, e tipo II, ex causalgia. Entrambe, ma soprattutto il tipo I, sono patologie dolorose neuropatiche che si sviluppano in maniera sproporzionata rispetto alla modestia dell’insulto nervoso.21 Le CRPS si osservano nelle estremità, mani e piedi, ma raramente anche a livello trigeminale. Entrambi i tipi di CRPS si presentano con dolore spontaneo accompagnato da grave allodinia e iperalgesia non limitate alla regione dermatomerica di partenza; a completare il quadro clinico sono presenti alterazioni trofiche e autonomiche. La CRPS I, che si può sviluppare come conseguenza di un remoto e minore trauma locale e con una lesione nervosa spesso non identificabile, potrebbe essere accomunata al PIFP. Oltre ai traumi chirurgici minori, alle fratture e alle distorsioni, anche le iniezioni, le infezioni locali o le scottature possono provocare una CRPS I.22 Alcuni studiosi ritengono che la causa del dolore, più che al trauma locale, sia associata al tentativo chirurgico riparatore, e anche questo aspetto è evocatore di ciò che accade in alcuni casi di PIFP.
La meno frequente CRPS II, che è caratterizzata da un trauma nervoso maggiore con chiari segni clinici di danno neurologico, sarebbe quindi assimilabile alla PTTN. Come avviene tra le forme subcliniche di CRPS I e II, anche per quelle di passaggio tra PIFP e PTTN  la diagnosi differenziale può presentare difficoltà. Sembra che la CRPS I sia provocata da un danno delle piccole fibre23 a differenza della II, nella quale il danno potrebbe interessare i tronchi nervosi maggiori e perciò, seguendo questa linea di pensiero, anche PIFP e PTTN sarebbero da inquadrare come due patologie diversificate dalla risposta a un differente trauma nervoso. Così inteso, il PIFP sarebbe una risposta sproporzionata a un trauma di piccola/media entità.

Diagnosi differenziale
Nonostante il PIFP sia una diagnosi di esclusione la cui ipotesi deve essere messa a confronto con tutte le patologie che possono provocare un dolore facciale persistente, le patologie che più frequentemente vengono prese in considerazione, potendo causare quadri clinici che mimano il PIFP, sono: il dolore miogeno facciale, la nevralgia trigeminale atipica, le neuropatie trigeminali traumatiche e le emicranie orofacciali. Le esamineremo separatamente cercando di identificare i criteri che possono aiutarci nella diagnosi differenziale.

Il dolore miogeno facciale
I pazienti che soffrono di questo dolore lo riferiscono come profondo, ottuso e non ben delimitato, potendosi avvertire in tutta la faccia e alle tempie. È di solito unilaterale ma può essere anche sentito bilateralmente.24,25 Il quadro clinico quindi somiglia abbastanza a quello riportato dai pazienti con PIFP. Ma il dolore miogeno spesso si accompagna a una limitata apertura della bocca e difficoltà a masticare il cibo. Inoltre i muscoli masticatori, pericraniali e cervicali mostrano aree dolenti alla pressione moderata (tender area) fino a veri e propri trigger point.26 I muscoli che più frequentemente ospitano i trigger point sono i masseteri, gli pterigoidei laterale e mediale, gli sternocleidomastoidei e i trapezi. Questi sintomi sono solitamente assenti nei pazienti con PIFP.

La nevralgia trigeminale atipica
Vi sono due modalità di presentazione della classica nevralgia trigeminale che possono creare difficoltà diagnostiche con il PIFP. Una è la più frequente nevralgia trigeminale classica con dolore facciale persistente di fondo5,27 prima detta atipica, che rappresenta dal 35 al 49 per cento delle forme classiche esclusivamente parossistiche. Questi pazienti riferiscono, oltre ai classici e brevi attacchi di dolore folgorante, anche un dolore continuo di fondo di varia durata che, a volte, riempie il tempo tra una crisi e l’altra. Questo dolore di fondo, descritto come sordo, pulsante e bruciante e con un’intensità media di 4,6 in una scala a 10 punti,28 può essere confuso con il PIFP.
L’altra forma è la rara pre-nevralgia trigeminale, che rappresenta circa il 18 per cento delle classiche nevralgie trigeminali. Questa forma è caratterizzata da dolore sordo e continuo alla mandibola che dura da giorni ad anni, senza alcuna particolare caratteristica distintiva.29 Questo dolore rappresenta senz’altro una difficile diagnosi differenziale con il PIFP almeno fino a quando diventa  più tipico con la comparsa delle brevi crisi di dolore accessionale. In questi casi la diagnosi, retrospettiva, diventa più semplice. Comunque la forma pre-nevralgia trigeminale risponde molto bene, a differenza di quanto accade con il PIFP, alla tipica terapia anticonvulsivante con carbamazepina.

Le neuropatie trigeminali traumatiche (PTTN)
I traumi del nervo trigemino solitamente non causano alcun deficit neurologico oppure esitano in una neuropatia non dolorosa. Inaspettatamente,  nonostante i traumi maggiori raramente procurino dolore, il dolore può comparire in una percentuale variabile dal 3 all’8 per cento in seguito a cure canalari eseguite con successo. Anche i blocchi nervosi dentali sono implicati nella PTTN;30,31 per questo motivo la IHS nella classificazione del 2013 ha sostituito il termine di odontalgia atipica (OA) in PTTN.5 È possibile che i pazienti che riferiscono dolore dopo un trauma trigeminale abbiano un quadro genetico che li predispone a questa risposta,32,33 ma anche un dolore pre-operatorio di lunga durata, precedenti problemi di dolore cronico e una storia di ripetuti trattamenti invasivi potrebbe favorire l’insorgenza della PTTN. Nei casi in cui il trauma ha riguardato una branca maggiore del nervo, il dolore è unilaterale e precisamente localizzabile nel dermatomero del nervo traumatizzato con chiari deficit neurologici. In questi casi, la diagnosi differenziale con il PIFP è agevole. Ma se con il trascorrere del tempo il dolore si diffonde anche ad altri dermatomeri o nel caso in cui il danno sia successivo a un trauma minore e somigli a un comune mal di denti, la diagnosi differenziale diventa più impegnativa.34 Spesso la qualità del dolore è urente o lancinante e la sua intensità può essere severa; in alcuni casi si può manifestare un dolore in sedi distanti dopo un tocco leggero, ma più spesso si riscontrano severa allodinia e iperalgesia o, invece, segni neurologici negativi,35 che possono rilevarsi anche al di fuori del territorio trigeminale.36 Come nel PIFP, il dolore è continuo e dura gran parte del giorno ogni giorno; spesso viene anche riferito come senso di ingrossamento o di corpo estraneo e di vampate di calore. I pazienti con PTTN riferiscono una storia di molteplici modalità di trattamento aventi come finalità il controllo del dolore che includono, oltre alla terapia farmacologica anche una serie di procedure chirurgiche.37

Le emicranie orofacciali
Le emicranie e le cefalee autonomiche trigeminali (Trigeminal Autonomic Cephalalgia, TAC), cefalea a grappolo, emicrania parossistica, SUNCT ed emicrania continua sono normalmente riferite nelle regioni del capo e in zona oculare e/o perioculare.5  Nella loro forma tipica, quindi, la diagnosi differenziale con il PIFP è abbastanza agevole. Ma, anche se raramente, esistono casi di dolore orale e facciale con caratteristiche neurovascolari tipiche delle emicranie e delle TAC: le emicranie orofacciali.38
A volte, l’isolato dolore facciale è l’unica e atipica presentazione dell’emicrania. In uno studio del 2010, Yoon e collaboratori39 valutarono la prevalenza del dolore facciale nell’emicrania in un campione di 517 pazienti emicranici. In 46 pazienti (8,9 per cento dei casi) l’emicrania coinvolgeva oltre al capo anche la parte bassa della faccia e soltanto eccezionalmente (0,2 per cento) si presentava esclusivamente con dolore facciale.
Alcune presentazioni atipiche possono anche riguardare le cefalee a grappolo e altre cefalee autonomiche trigeminali.40,41 Comunque, nei casi dubbi, la risposta ai triptani e all’indometacina può confermare la diagnosi in queste atipiche presentazioni, ma anche il rilievo temporale della durata e della frequenza degli attacchi dovrebbe aiutare nella diagnosi.

Trattamento
La mancanza di una chiara fisiopatologia e la presenza di una comorbidità psichiatrica sconsigliano il ricorso ai trattamenti invasivi che, oltre a non essere sostenuti da una letteratura convincente, portano con sé il rischio di provocare una PTTN e quindi in ultima analisi aggravare il quadro clinico complessivo.12 Purtroppo ciò non è semplice e il paziente con dolore persistente idiopatico facciale (PIFP), anzi quasi sempre la paziente, dubita della capacità diagnostica del medico che l’assiste e crede che il suo problema possa essere sostenuto da un’infezione o da un tumore, cioè da qualcosa di molto “organico”, rifiutando la possibilità che nel suo dolore esista una componente psicologica. Ciò provoca un atteggiamento di ricerca di sempre nuovi specialisti e di trattamenti invasivi che, una volta per tutte, possano eliminare la causa del dolore.42 E’ quindi necessario spiegare al paziente che non è sempre possibile individuare la causa, ma ciò non significa che il dolore non sia reale.4 Ovviamente un approccio multidisciplinare rende più agevole l’instaurarsi di un trattamento efficace.
Premesso ciò, il trattamento può essere suddiviso in farmacologico, non farmacologico e invasivo. I migliori risultati si ottengono dalla combinazione del trattamento farmacologico con quello non farmacologico, prendendo in considerazione i trattamenti invasivi solo per i casi in cui si possa stabilire un sottotipo di PIFP con una chiara fisiopatologia suscettibile a essi.

Trattamento farmacologico
Non esistono studi di alta qualità basati sull’evidenza per il trattamento farmacologico. Cosicché, trattandosi quasi sempre di un dolore neuropatico più o meno evidente, si usano i farmaci specifici per quel tipo di dolore. Il trattamento principale è costituito da basse dosi di antidepressivi triciclici: l’amitriptilina rimane il farmaco di prima scelta a una dose iniziale da 25 a 100 mg al giorno.43 Tra gli antidepressivi di seconda linea si possono preferire la venlafaxina e la fluoxetina.44 Gli anticonvulsivanti hanno una minore importanza e, anzi secondo alcuni autori, non ne hanno per niente.
Una nuova proposta è l’impiego dei cannabinoidi.45 Studi condotti su modelli animali hanno mostrato che uno dei bersagli dei cannabinoidi è la via della dopamina, la cui ipofunzione sembra avere un ruolo importante in molti dolori cronici ivi compresi alcuni facciali.

Trattamento non farmacologico
La terapia cognitivo-comportamentale aggiunta ai farmaci antidepressivi, ha mostrato di avere una maggiore efficacia rispetto a questi ultimi da soli.46
L’uso dell’ipnosi si è mostrato promettente nei pazienti con PIFP mostrando una significativa riduzione del dolore, rispetto alla somministrazione di semplici tecniche di rilassamento.47 Recentemente è stata proposta una nuova tecnica basata sulla stimolazione magnetica trans-cranica ripetitiva ad alta frequenza della corteccia somatosensoriale.48

Trattamento interventistico
Suggerite soprattutto da Anestesisti/Terapisti del dolore, questi trattamenti sono utilizzabili in casi specifici attraverso le seguenti procedure:
A) Neurostimolazione elettrica sottocutanea. L’approccio chirurgico è basato sul posizionamento sottocutaneo di uno o più elettrodi nella zona dolorosa e successiva stimolazione elettrica. Similmente a quanto accade con la stimolazione midollare, si inizia con un periodo di prova della durata di diversi giorni e se il paziente riferisce una significativa riduzione del dolore, si posiziona il generatore in una tasca sottocutanea. Questa tecnica, sebbene promettente, presenta diversi ostacoli tecnici che di fatto ne limitano l’uso diffuso.49,50
B) Stimolazione del ganglio sfenopalatino. Questa tecnica è caldeggiata a seguito dell’osservazione che il dolore del PIFP sarebbe dovuto a una disfunzione del sistema parasimpatico che origina dal ganglio o da più complesse strutture centrali.51
C) Stimolazione del midollo spinale (SCS). La SCS degli alti livelli cervicali (C1/C2) è basata su pochi studi. Comunque è già stato dimostrato il ruolo benefico della SCS nel trattamento sia della cefalea sia delle sindromi da dolore facciale.50 La stimolazione degli alti metameri cervicali è basata sulla convergenza dei rami centrali dei primi 3 nervi cervicali con il sistema trigeminale discendente.50
D) Stimolazione cerebrale profonda (DBS). Si intende per DBS l’uso di devices elettrici inseriti a livello intra craniale che hanno come target alcune strutture anatomiche sottocorticali coinvolte nella trasmissione e modulazione del segnale doloroso.50 Queste includono il talamo (ventro-postero-laterale e mediale ) il grigio periacqueduttale e periventricolare (PAG/PVG) e il cingolo corticale anteriore. Nel complesso la DBS ha mostrato di essere più efficace nell’alleviare il dolore nocicettivo anziché quello neuropatico.52 Comunque questa tecnica rimane “off label” negli USA.53

Conflitto di interessi
L'autore dichiara che l'articolo non è sponsorizzato ed è stato redatto in assenza di conflitto di interessi.
Published

5th October, 2017
Correspondence
carmelo.costa1956@gmail.com

Bibliografia
1) Frazier CH and Russell EC. Neuralgia of the face, an analysis of 754 cases with relation to pain and other sensory phenomena before and after operation. Arch Neurol Psych 1924; 11: 557-563.
14) Maarbjerg S, Wolfram F, Heinskou TB et al. Persistent idiopathic facial pain-a prospective systematic study of clinical characteristics and neuroanatomical finding at 3.0 Tesla MRI. Cephalalgia. Epub ahead of print 27 October 2016.
15) Taiminen T, Kuusalo L, Lehtinen L et al. Psychiatric (axis I) and personality (axis II) disorders in patients with burning mouth syndrome or atypical facial pain. Scand J Pain 2011; 2: 155-160.
46) Harrison SD, Glover L, Feinmann C et al. A comparison of antidepressant medication alone and in conjunction with cognitive behavioral therapy for chronic idiopathic facial pain. In: Jensen TS., Turner JA, Wiesenfeld Z editors. Proceedings of the 8th World Congress of Pain, progress in Pain research and management. Seattle (WA): IASP Press; 1997: 663-672.

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